Dolores Prato
“Treia fu il mio spazio,
il panorama che la circonda,
la mia visione: terra del cuore e del sogno … ”
Dolores Prato
La storia di Treia è antica e affascinante, un percorso che si snoda nel tempo, fin dall’epoca romana. A Treia, la Storia, l’Arte, la Cultura e la Tradizione regnano sovrane da sempre: ne sono testimonianza i reperti archeologici, le torri medievali, le piazze, le chiese, i palazzi rinascimentali dalle facciate neoclassiche.
Ogni capolavoro architettonico costituisce un prezioso gioiello da conoscere ed ammirare, per comprendere il mistero infinito di una Città senza tempo, immortalata da Dolores Prato, una delle più grandi scrittrici del ‘900, nel suo capolavoro “Giù la piazza non c’è nessuno”.
Tra mura, porte e stradine lastricate che si affacciano su scorci incantevoli, si può assaporare un’atmosfera molto suggestiva che parla direttamente al cuore del visitatore e lo trasporta in un bellissimo viaggio, ricco di emozioni.
A far da contorno alle opere artistiche ed architettoniche, che peraltro portano il nome di personaggi di grande fama come il Valadier, il Vici e il Poletti, una natura incontaminata e rigogliosa, dolci colline che si snodano tra i monti ed il mare, offrendo un panorama che spazia dal Monte Conero ai Sibillini.
A Treia si percepisce l’incanto di una Città a misura d’uomo, in cui il vivere quotidiano è accompagnato dai colori e dai profumi della natura e dalla mano sapiente dell’uomo.
Trea, Montecchio, Treia, tanti secoli di storia dall’età picena all’epoca romana, dal Medioevo all’epoca moderna.
La data di fondazione di Trea non è certa; si può ipotizzare che sia avvenuta in epoca molto antica, fondata dai Sabini intorno al IV secolo a.C. o dai Piceni in epoca pre-romana.
Si può, tuttavia, affermare con certezza l’esistenza di Trea nel periodo in cui i Piceni fecero alleanza con il popolo romano per fronteggiare i Galli nel 291 a.C.
L’antica Trea sorgeva nella zona del Santuario del Santissimo Crocifisso, a due chilometri dal colle dove sorge attualmente la città.
Prima colonia romana, poi municipio, raggiunse una buona estensione urbana e notevole importanza militare.
Con la legge Giulia, con cui si riconosceva il diritto alla cittadinanza a quelle popolazioni che avevano prestato ubbidienza a Roma, l’antica Trea della V Regio Picenum fu assegnata alla tribù Velina. Quando il tribuno della plebe Mamilio, nel 109 a.C., promulgò la legge De finibus agrorum, Trea divenne Municipio Romano.
La decadenza dell’antica città ebbe inizio verso il V secolo dopo Cristo, quando fu attaccata una prima volta dalle orde di Alarico, re dei Visigoti.
Trea però seppe risorgere e riacquistare l’autorità politica e religiosa che le conferiva grande prestigio nella zona.
Sopravvisse al dominio longobardo, ma non resse l’urto dei Saraceni e degli Ungari, proprio come molte altre zone del Piceno (IX e X secolo).
Le vicende sociali e religiose della città, che sotto la dominazione longobarda iniziò a spostarsi sui tre piccoli colli vicini, prendendo il nome di Montecchio (Monticulum o Monteclum: piccolo monte), si intrecciarono con la storia d’Italia fin dall’inizio del Medioevo. Soggetta al potere dello Stato Pontificio, era strettamente legata alle sue vicende, ma riuscì comunque, intorno all’XI-XII secolo, a darsi un proprio ordinamento comunale e ad avere una precisa fisionomia, tanto che fu costruito un imponente sistema difensivo comprendente i tre castelli dell’Onglavina, dell’Elce e del Cassero, la poderosa cerchia muraria e le diverse porte d’accesso.
Nell’ambito dei contrasti tra Papato ed Impero, la città fu cinta d’assedio, una volta nel 1239 dall’esercito di re Enzo, figlio di Federico II, una seconda volta, nel 1263 da quello di Corrado di Antiochia, nipote di Federico II, sempre senza successo.
Durante quest’ultima incursione, alcuni Montecchiesi, con una finta resa, catturarono Corrado attirandolo al di là della porta di Vallesacco, che si chiuse alle sue spalle. Imprigionato nel castello del Cassero, fu liberato dopo non più di due mesi, forse per il tradimento del podestà Baglioni, lasciatosi corrompere dal nemico.
Nel XV secolo Montecchio passò per un breve periodo sotto la dominazione di Francesco Sforza, per poi tornare sotto il potere della Santa Sede.
La speranza dei Montecchiesi di innalzare Montecchio al rango di città fu esaudita nel 1790: Pio VI conferisce a Montecchio il titolo di città, restituendogli l’antico nome di Treia. A lui, come segno di onore e gratitudine, fu dedicato il tempietto marmoreo destinato a contenere il busto di bronzo del papa stesso, sito nella piazza di fronte al Palazzo Comunale, dominante l’antica Arena del Gioco del Pallone col bracciale. Treia fece parte dello Stato pontificio fino al 1860 quando, dopo la battaglia di Castelfidardo, fu annessa al Regno d’Italia.